Castel Gandolfo. Nell’Angelus di oggi, in una calda domenica di luglio, Papa Leone ha offerto una riflessione sul cuore della fede cristiana: il desiderio di salvezza. Commentando il Vangelo di Luca, il Pontefice ha spostato l’attenzione dalla logica del merito a quella del dono, sottolineando che la vita eterna si riceve come un’eredità, non si conquista come un trofeo.
Con stile sobrio ma incisivo, il Papa ha indicato in Gesù il volto di un amore che non possiede ma si dona, e ha rilanciato la responsabilità di ogni credente a farsi prossimo, specialmente verso chi è ferito o scoraggiato.
Il desiderio di una salvezza ricevuta, non guadagnata
La domanda che apre il Vangelo – «che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?» – viene interpretata da Papa Leone non come un quesito dottrinale, ma come il grido sincero di ogni essere umano. Il termine “ereditare” è centrale: non si tratta di un premio meritato, ma di un dono che nasce da una relazione filiale con Dio. Si rompe così ogni logica utilitaristica o contrattuale: la salvezza è grazia, non guadagno.
La volontà di Dio come legge dell’amore gratuito
Accogliere la vita eterna significa entrare nella volontà di Dio, che si manifesta nella Legge sintetizzata nel duplice comandamento dell’amore. Il Papa sottolinea che tale Legge è prima di tutto vissuta da Dio stesso: Egli ci ama per primo, interamente, in Cristo. Così, vivere secondo il Vangelo significa corrispondere a un amore già ricevuto, e non costruirsi un merito davanti a Dio.
Gesù, volto del prossimo e volto dell’eterno
Cristo si presenta come l’immagine vivente di questo amore: non un amore che possiede o pretende, ma che perdona e soccorre. In Gesù, Dio si fa prossimo di ogni creatura. E proprio per questo, ogni discepolo è chiamato a farsi prossimo. Il commento del Papa offre qui un passaggio decisivo: non si inganna la morte, si serve la vita. Prendersi cura degli altri è la forma concreta della fede nella risurrezione.
La carità, legge suprema che dà senso alle regole
Nel tempo condiviso con gli altri, l’amore è il criterio che giudica ogni altra norma. Papa Leone invita a riconoscere nella cura del prossimo la legge che fonda ogni convivenza civile e religiosa. È un richiamo forte, quasi sociale, che radica l’etica cristiana nell’umanesimo della prossimità.
Il martirio silenzioso dell’educazione
Nel dopo-Angelus, il Santo Padre ha fatto riferimento al beato Licarione May, educatore marista ucciso in odio alla fede. La sua figura, proposta dal Papa come modello, richiama un martirio che non è solo di sangue, ma anche di dedizione quotidiana. È un incoraggiamento potente a quanti lavorano nell’ambito educativo, chiamati a trasmettere valori anche in contesti ostili.
Concludendo ha salutato i pellegrini presenti, gli Allievi Carabinieri della Scuola di Velletri, e invitato tutti a pregare per la pace con tono fermo: la pace non è un’utopia, ma una responsabilità affidata alla preghiera e alla solidarietà concreta.
L’Angelus di oggi riconduce al centro l’essenziale: vivere l’amore come via alla vita eterna. Non è il tempo a salvarci, ma l’amore donato nel tempo. È questa la novità evangelica che Papa Leone continua a indicare con semplicità e profondità: il cielo si apre quando la terra è abitata con misericordia.