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Una Chiesa ferita e credibile: la prima ordinazione di Papa Leone XIV

Città del Vaticano. Nella solennità della Visitazione della Vergine Maria, Papa Leone XIV ha presieduto nella Basilica di San Pietro la sua prima ordinazione sacerdotale da Vescovo di Roma. Undici nuovi presbiteri della diocesi — giovani tra i 28 ei 49 anni — hanno ricevuto il sacramento dell’ordine in una celebrazione intensa, partecipata da oltre 5.000 fedeli, familiari e amici. Provenivano da due seminari: sette dal Pontificio Seminario Romano Maggiore e quattro dal Collegio “Redemptoris Mater”. Il Pontefice è rivolto ai nuovi sacerdoti parole forti e paterne, dense di spiritualità e realismo. Ha parlato loro non come un’autorità distante, ma come un fratello che conosce le ferite della vita e della Chiesa. «Non siamo ancora perfetti, ma è necessario essere credibili», ha detto, indicando la via della testimonianza semplice, trasparente, accessibile. Ha chiesto loro di vivere da “ministri di speranza”, uomini in mezzo alla gente, non separati dal mondo reale, ma immersi nella quotidianità fatta di volti concreti e sofferenze vere.

La liturgia come espressione del dono

Durante il rito, uno dei momenti più toccanti è stato quello dell’imposizione delle mani da parte del Papa e dei sacerdoti concelebranti, gesto carico di significato spirituale e fraternità ecclesiale. Gli undici candidati hanno risposto con decisione agli impegni richiesti, promettendo obbedienza e dedizione. Commovente il momento in cui Leone XIV ha unto con il sacro crisma le loro mani e consegnato patena e calice: simboli del servizio eucaristico, ma anche di una vita offerta agli altri. La celebrazione è stata impreziosita dai canti della Cappella Sistina e del Coro della bellezza diocesi di Roma, e animata con grande compostezza e dal maestro delle celebrazioni, l’arcivescovo Diego Ravelli.

Un’umanità che ferisce e che ha bisogno di guarigione

Il Papa ha insistito sulla necessità di una Chiesa che non si chiude in sé stessa. Ha chiesto ai nuovi sacerdoti di «non possedere nessuno», ma di vivere la propria vocazione come un dono liberante, da condividere. Ha ripreso l’immagine biblica del “sussurro di una brezza leggera” (1 Re 19,12) per spiegare che la vera forza della Chiesa non sta nel rumore o nel potere, ma nella discrezione, nell’ascolto, nella presenza accogliente. Come Maria nella Visitazione, che porta Cristo con sé senza clamori, ma con un canto, il Magnificat, che cambia la storia. Con voce ferma ma piena di tenerezza, Leone XIV ha chiesto ai suoi nuovi preti di essere uomini trasparenti: «vite conosciute, vite leggibili, vite credibili». Ha ricordato loro che appartengono al popolo di Dio e che da lì devono partire e tornare ogni giorno. Non padroni, ma custodi. Non supereroi, ma uomini che si lasciano ferire dal dolore degli altri per portare una parola di riconciliazione, in un mondo che appare spesso infranto e disiluso.

Una Chiesa ferita e credibile: la prima ordinazione di Papa Leone XIV

Città del Vaticano. Nella solennità della Visitazione della Vergine Maria, Papa Leone XIV ha presieduto nella Basilica di San Pietro la sua prima ordinazione sacerdotale da Vescovo di Roma. Undici nuovi presbiteri della diocesi — giovani tra i 28 ei 49 anni — hanno ricevuto il sacramento dell’ordine in una celebrazione intensa, partecipata da oltre 5.000 fedeli, familiari e amici. Provenivano da due seminari: sette dal Pontificio Seminario Romano Maggiore e quattro dal Collegio “Redemptoris Mater”. Il Pontefice è rivolto ai nuovi sacerdoti parole forti e paterne, dense di spiritualità e realismo. Ha parlato loro non come un’autorità distante, ma come un fratello che conosce le ferite della vita e della Chiesa. «Non siamo ancora perfetti, ma è necessario essere credibili», ha detto, indicando la via della testimonianza semplice, trasparente, accessibile. Ha chiesto loro di vivere da “ministri di speranza”, uomini in mezzo alla gente, non separati dal mondo reale, ma immersi nella quotidianità fatta di volti concreti e sofferenze vere.

La liturgia come espressione del dono

Durante il rito, uno dei momenti più toccanti è stato quello dell’imposizione delle mani da parte del Papa e dei sacerdoti concelebranti, gesto carico di significato spirituale e fraternità ecclesiale. Gli undici candidati hanno risposto con decisione agli impegni richiesti, promettendo obbedienza e dedizione. Commovente il momento in cui Leone XIV ha unto con il sacro crisma le loro mani e consegnato patena e calice: simboli del servizio eucaristico, ma anche di una vita offerta agli altri. La celebrazione è stata impreziosita dai canti della Cappella Sistina e del Coro della bellezza diocesi di Roma, e animata con grande compostezza e dal maestro delle celebrazioni, l’arcivescovo Diego Ravelli.

Un’umanità che ferisce e che ha bisogno di guarigione

Il Papa ha insistito sulla necessità di una Chiesa che non si chiude in sé stessa. Ha chiesto ai nuovi sacerdoti di «non possedere nessuno», ma di vivere la propria vocazione come un dono liberante, da condividere. Ha ripreso l’immagine biblica del “sussurro di una brezza leggera” (1 Re 19,12) per spiegare che la vera forza della Chiesa non sta nel rumore o nel potere, ma nella discrezione, nell’ascolto, nella presenza accogliente. Come Maria nella Visitazione, che porta Cristo con sé senza clamori, ma con un canto, il Magnificat, che cambia la storia. Con voce ferma ma piena di tenerezza, Leone XIV ha chiesto ai suoi nuovi preti di essere uomini trasparenti: «vite conosciute, vite leggibili, vite credibili». Ha ricordato loro che appartengono al popolo di Dio e che da lì devono partire e tornare ogni giorno. Non padroni, ma custodi. Non supereroi, ma uomini che si lasciano ferire dal dolore degli altri per portare una parola di riconciliazione, in un mondo che appare spesso infranto e disiluso.

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