Città del Vaticano. Nella mattina di oggi, sul sagrato della Basilica di San Pietro, si è svolta la Messa esequiale per Papa Francesco, il Pontefice che per dodici anni ha guidato la Chiesa universale con il cuore e con la parola. A presiedere la liturgia, concelebrata da cardinali e patriarchi orientali, è stato il Decano del Collegio Cardinalizio, Cardinale Giovanni Battista Re.
La celebrazione, ha visto la partecipazione di oltre 250.000 fedeli e delegazioni provenienti da tutto il mondo. Dopo l’Ultima Commendatio e la Valedictio, il feretro è stato traslato per la sepoltura presso la Basilica di Santa Maria Maggiore, dove altre 150.000 persone hanno voluto rendere omaggio.
Una vita donata fino all’ultimo respiro
Nell’omelia, il Cardinale Re ha tratteggiato con affetto il profilo spirituale e umano di Papa Francesco. Dalla sua elezione nel marzo del 2013, quando scelse il nome del Poverello di Assisi, Jorge Mario Bergoglio ha incarnato un pontificato centrato sul servizio, sulla semplicità e sulla prossimità.
Ha voluto essere un pastore in mezzo al popolo, con una parola capace di parlare a tutti, anche ai più lontani. Ha vissuto la sua missione nel segno della donazione, portando sulle spalle le ferite dell’umanità e della Chiesa, e non ha mai smesso di accompagnare, consolare, spronare.
Il pastore della misericordia e del Vangelo della gioia
Due parole hanno sintetizzato la sua visione ecclesiale: misericordia e gioia. Con la sua prima Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, Papa Francesco ha tracciato il cuore del suo programma pastorale: annunciare con entusiasmo la bellezza del Vangelo e testimoniare la tenerezza di Dio.
Il Giubileo Straordinario della Misericordia e le sue continue esortazioni alla compassione hanno mostrato una Chiesa capace di accogliere e di curare, come un ospedale da campo in mezzo alle ferite del mondo.
Una Chiesa con le porte aperte al mondo
Papa Francesco ha sognato e promosso una Chiesa che non si chiudesse in se stessa, ma che fosse “in uscita”, capace di costruire ponti e non muri. Attento ai segni dei tempi, ha dato voce agli ultimi, ai migranti, ai poveri, ai dimenticati. Il suo primo viaggio a Lampedusa, la visita a Lesbo, la Messa al confine tra Messico e Stati Uniti, il viaggio storico in Iraq: tutti gesti profetici che resteranno scolpiti nella memoria collettiva.
Fratellanza, pace, casa comune
Tra le sue grandi intuizioni, l’enciclica Fratelli tutti ha rilanciato il sogno della fraternità universale. L’appello al dialogo, alla solidarietà, al rispetto reciproco ha attraversato tutto il suo pontificato. Così come l’amore per la “casa comune”, proclamato con forza nella Laudato si’, ha dato nuova consapevolezza ecologica a credenti e non credenti.
Papa Francesco ha parlato con chiarezza contro le guerre, denunciando la loro insensatezza e il loro carico di dolore. “Costruire ponti, non muri” è stato il leitmotiv del suo servizio petrino, intrecciando fede e impegno umano.
Un’eredità di luce e speranza
Con la sua spontaneità, la sua umanità, la sua capacità di ascolto, Francesco ha lasciato un segno indelebile nei cuori. Ha vissuto fino all’ultimo nel dono di sé, e domenica scorsa, nella sua ultima apparizione pubblica, nonostante la sofferenza, ha voluto benedire il popolo dalla loggia di San Pietro.
Ora che ha varcato la soglia dell’eternità, l’umanità che lo ha amato e ascoltato si stringe in preghiera e gratitudine. Come egli stesso ripeteva in ogni incontro: “Non dimenticatevi di pregare per me”. E oggi, la Chiesa intera sussurra: “Caro Papa Francesco, ora prega tu per noi”.