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“Dio gioca con l’uomo”: la Trinità in campo con gli sportivi

Città del Vaticano. Nella Solennità della Santissima Trinità, celebrata in coincidenza con il Giubileo dello Sport, Papa Leone XIV ha offerto un’originale riflessione sul legame tra vita spirituale e attività sportiva. A partire dalla danza d’amore del Dio trinitario, il Pontefice ha mostrato come lo sport possa essere una via privilegiata per educare alla relazione, alla concretezza e all’accoglienza del limite umano. Una chiamata per ogni sportivo a diventare riflesso di Dio che si dona, “giocando” con amore tra gli uomini.

La Trinità, danza d’amore e fonte di vita

Riprendendo le parole sapienziali del libro dei Proverbi e l’interpretazione di sant’Agostino, Papa Leone XIV ha mostrato come la Trinità sia la manifestazione della sapienza divina, e insieme una realtà dinamica di amore reciproco. Il Dio cristiano non è solitario, ma comunione viva: è relazione, pericoresi, “danza” che genera la vita. Ed è in questo movimento di amore che anche l’uomo è stato creato: come delizia di Dio, come soggetto capace di relazione.

Sport e spiritualità: un’accoppiata possibile

Il Papa ha proposto un accostamento inusuale ma fecondo: sport e Trinità. Lo sport, ha detto, può diventare luogo d’incontro con Dio proprio perché implica un movimento relazionale, un’uscita da sé verso l’altro. Se vissuto come puro agonismo individuale, perde la sua anima; se invece diventa dono di sé, allora riflette il volto di un Dio che gioca con l’uomo e si dona per lui. Anche il semplice incitamento sportivo – «Dai!» – è, secondo il Papa, un invito a donarsi.

Tre vie per educare attraverso lo sport

Papa Leone XIV ha indicato tre dimensioni fondamentali in cui lo sport oggi può educare e formare cristianamente: Contro la solitudine, favorire la comunione: in un mondo segnato dall’individualismo, lo sport – soprattutto quello di squadra – educa alla collaborazione e al camminare insieme. Diventa occasione per ricucire relazioni, per costruire ponti tra culture e generazioni, come riflesso del mistero trinitario stesso. Contro l’astrazione, riscoprire la concretezza: in un tempo sempre più digitalizzato, lo sport richiama alla concretezza del corpo, del tempo, della fatica. Rende possibile un contatto reale con sé, con gli altri, con la natura. È palestra di amore vero, non virtuale. Contro il culto del vincente, accogliere il limite: in una società che esalta solo i forti, lo sport insegna a perdere e a riconoscere la propria fragilità. Questa consapevolezza – ha detto il Papa – apre alla speranza, perché è nella debolezza che si manifesta la forza dell’amore fedele. Gesù, il “vero atleta di Dio”, ha vinto donando sé stesso.

Testimoni di santità sportiva

Nell’omelia, il Papa ha richiamato figure significative che hanno coniugato fede e sport, in particolare il Beato Pier Giorgio Frassati, prossimo alla canonizzazione, e san Giovanni Paolo II. Ha ricordato anche le parole profetiche di san Paolo VI, che riconosceva nello sport una forza di rigenerazione sociale nel dopoguerra. Sono esempi che mostrano come l’impegno sportivo possa diventare via di santità, palestra di amore, strumento di edificazione sociale.

Una missione per gli sportivi

In conclusione, Papa Leone XIV ha affidato agli sportivi una missione: essere, con entusiasmo, segni dell’amore trinitario nelle loro attività. A supporto, ha invocato la protezione di Maria, madre sempre in corsa verso i figli nel bisogno, e guida verso la vittoria eterna, dove “il gioco non avrà più fine”. Un’omelia, quella del Pontefice, che ha saputo legare teologia e vita quotidiana, proponendo lo sport non come evasione, ma come occasione di incontro, formazione e testimonianza del Dio vivo e amante.

“Dio gioca con l’uomo”: la Trinità in campo con gli sportivi

Città del Vaticano. Nella Solennità della Santissima Trinità, celebrata in coincidenza con il Giubileo dello Sport, Papa Leone XIV ha offerto un’originale riflessione sul legame tra vita spirituale e attività sportiva. A partire dalla danza d’amore del Dio trinitario, il Pontefice ha mostrato come lo sport possa essere una via privilegiata per educare alla relazione, alla concretezza e all’accoglienza del limite umano. Una chiamata per ogni sportivo a diventare riflesso di Dio che si dona, “giocando” con amore tra gli uomini.

La Trinità, danza d’amore e fonte di vita

Riprendendo le parole sapienziali del libro dei Proverbi e l’interpretazione di sant’Agostino, Papa Leone XIV ha mostrato come la Trinità sia la manifestazione della sapienza divina, e insieme una realtà dinamica di amore reciproco. Il Dio cristiano non è solitario, ma comunione viva: è relazione, pericoresi, “danza” che genera la vita. Ed è in questo movimento di amore che anche l’uomo è stato creato: come delizia di Dio, come soggetto capace di relazione.

Sport e spiritualità: un’accoppiata possibile

Il Papa ha proposto un accostamento inusuale ma fecondo: sport e Trinità. Lo sport, ha detto, può diventare luogo d’incontro con Dio proprio perché implica un movimento relazionale, un’uscita da sé verso l’altro. Se vissuto come puro agonismo individuale, perde la sua anima; se invece diventa dono di sé, allora riflette il volto di un Dio che gioca con l’uomo e si dona per lui. Anche il semplice incitamento sportivo – «Dai!» – è, secondo il Papa, un invito a donarsi.

Tre vie per educare attraverso lo sport

Papa Leone XIV ha indicato tre dimensioni fondamentali in cui lo sport oggi può educare e formare cristianamente: Contro la solitudine, favorire la comunione: in un mondo segnato dall’individualismo, lo sport – soprattutto quello di squadra – educa alla collaborazione e al camminare insieme. Diventa occasione per ricucire relazioni, per costruire ponti tra culture e generazioni, come riflesso del mistero trinitario stesso. Contro l’astrazione, riscoprire la concretezza: in un tempo sempre più digitalizzato, lo sport richiama alla concretezza del corpo, del tempo, della fatica. Rende possibile un contatto reale con sé, con gli altri, con la natura. È palestra di amore vero, non virtuale. Contro il culto del vincente, accogliere il limite: in una società che esalta solo i forti, lo sport insegna a perdere e a riconoscere la propria fragilità. Questa consapevolezza – ha detto il Papa – apre alla speranza, perché è nella debolezza che si manifesta la forza dell’amore fedele. Gesù, il “vero atleta di Dio”, ha vinto donando sé stesso.

Testimoni di santità sportiva

Nell’omelia, il Papa ha richiamato figure significative che hanno coniugato fede e sport, in particolare il Beato Pier Giorgio Frassati, prossimo alla canonizzazione, e san Giovanni Paolo II. Ha ricordato anche le parole profetiche di san Paolo VI, che riconosceva nello sport una forza di rigenerazione sociale nel dopoguerra. Sono esempi che mostrano come l’impegno sportivo possa diventare via di santità, palestra di amore, strumento di edificazione sociale.

Una missione per gli sportivi

In conclusione, Papa Leone XIV ha affidato agli sportivi una missione: essere, con entusiasmo, segni dell’amore trinitario nelle loro attività. A supporto, ha invocato la protezione di Maria, madre sempre in corsa verso i figli nel bisogno, e guida verso la vittoria eterna, dove “il gioco non avrà più fine”. Un’omelia, quella del Pontefice, che ha saputo legare teologia e vita quotidiana, proponendo lo sport non come evasione, ma come occasione di incontro, formazione e testimonianza del Dio vivo e amante.

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