Azione Francescana

Francescanesimo

Pregare per capire

A cosa serve pregare? A questa domanda, si possono dare molte risposte, perché molti sono gli aspetti della preghiera. E forse, come spesso capita, bisogna prima interrogarsi se sia una domanda sensata, con quel presupposto che tutto quello che facciamo debba “servire” a qualcosa, mentre spesso le cose “inutili” sono le più importanti: basti ascoltare quel che si dicono due innamorati, che si ripetono fondamentalmente la stessa cosa, ma non si stancano di ripeterla, anche se, dopo averlo detto una volta, sembrerebbe “inutile” ripeterlo.

Avendo chiaro tutto ciò, resta vero che la preghiera può anche avere degli scopi: ad esempio, si può pregare per chiedere qualcosa a Dio, o per chiedere il suo perdono, oltre che per ringraziarlo per i suoi benefici o per manifestare la nostra lode a Lui. Se guardiamo a quel maestro di preghiera che fu Francesco d’Assisi, ci rendiamo subito conto che la sua forma di preghiera preferita è quella, forse più “inutile”, della lode e del rendimento di grazie: tra i testi di preghiera che egli ci ha lasciato, nei suoi Scritti, sono questi tipi di preghiera ad avere decisamente la maggioranza.

Ma oltre alle espressioni di lode, anche Francesco ha una bella preghiera di domanda: si tratta della Preghiera davanti al crocifisso, così chiamata perché risale ai primissimi anni della conversione di Francesco, quando egli pregava davanti al crocifisso di san Damiano e ne ascoltava il segreto messaggio. Il testo di questa preghiera ci è stato trasmesso anche in volgare, con una forma che si avvicina molto alle parole che dovette dire Francesco stesso: “Altissimo glorioso Dio, illumina le tenebre de lo core mio. Et dame fede dricta, speranza certa e carità perfecta, senno e cognoscemento, Signore, che faccia lo tuo santo e verace comandamento. Amen”.

Come si vede, la preghiera è rivolta all’Altissimo glorioso Dio: si tratta di una invocazione cara a Francesco, come testimonia il Cantico di frate sole, che inizia proprio con le parole “altissimo, onnipotente, bon Signore”. Non è esplicito se si tratti del Padre, come in quasi tutte le preghiere di Francesco, o del Signore Gesù, come farebbe pensare il titolo della preghiera che la situa davanti al Crocifisso: si tratta comunque di una invocazione che si rivolge al Dio alto e glorioso. Possiamo osservare che anche l’immagine del crocifisso di san Damiano rappresenta sì il crocifisso, ma come già risorto e glorioso, con gli occhi ben aperti e con una posizione che non indica sofferenza, ma gloria.

Si tratta di una preghiera di domanda, in cui Francesco chiede al Signore cose sostanziose, che sono sostanzialmente due: da una parte la luce che illumina le tenebre, che possiamo unire al “senno e cognoscemento” del finale, e dall’altra le tre virtù teologali di fede, speranza e carità, che specificano in senso chiaramente cristiano l’altra richiesta.
Si tratta dunque di una preghiera per il discernimento cristiano: ben si situa agli inizi della vicenda di Francesco, quando egli cercava di capire la volontà del Signore, e “nessuno gli mostrava che cosa dovesse fare”, come dice egli stesso nel suo Testamento. Nell’assenza di altre illuminazioni, egli si rivolge alla Fonte di ogni luce, chiedendo “illumina le tenebre dello core mio”: e va notato questo riferimento al cuore, che è inteso, alla maniera della Bibbia, come il centro dell’uomo, sede non solo dei sentimenti, ma anche dell’intelletto e della volontà.

Francesco ha bisogno di luce per capire: forse qualcuno può stupirsi che nell’illetterato Francesco ci sia questo desiderio di capire, espresso anche nella richiesta finale di “senno e cognoscemento”, ma si tratta di una caratteristica che ritorna anche altrove negli scritti del Poverello. Egli certo non manifesta interesse ad accrescere la sua cultura intellettuale, ma manifesta molto interesse a capire quel che da lui vuole il Signore: si tratta di un uso profondamente cristiano dell’intelligenza, del “senno”, che è la sapienza, e anche del “cognoscemento”, che è una forma di attività intellettuale che implica il conoscere, e dunque l’esercizio dell’intelletto.

Francesco vuol capire, non vuole rimanere nell’oscurità delle tenebre dell’ignoranza, e vuole capire per “fare lo tuo santo e verace comandamento”: l’orientamento del capire è rivolto al fare. Il sapere è orientato alla vita, il capire è finalizzato a compiere la volontà di Dio, dopo averla capita, con un caratteristico orientamento dell’attività intellettuale alla vita, che caratterizza tutta la scuola francescana, e che dà sapore di lode alla vita intera, al pensare come all’agire.

Di Cesare Vaiani OFM

Pregare per capire

A cosa serve pregare? A questa domanda, si possono dare molte risposte, perché molti sono gli aspetti della preghiera. E forse, come spesso capita, bisogna prima interrogarsi se sia una domanda sensata, con quel presupposto che tutto quello che facciamo debba “servire” a qualcosa, mentre spesso le cose “inutili” sono le più importanti: basti ascoltare quel che si dicono due innamorati, che si ripetono fondamentalmente la stessa cosa, ma non si stancano di ripeterla, anche se, dopo averlo detto una volta, sembrerebbe “inutile” ripeterlo.

Avendo chiaro tutto ciò, resta vero che la preghiera può anche avere degli scopi: ad esempio, si può pregare per chiedere qualcosa a Dio, o per chiedere il suo perdono, oltre che per ringraziarlo per i suoi benefici o per manifestare la nostra lode a Lui. Se guardiamo a quel maestro di preghiera che fu Francesco d’Assisi, ci rendiamo subito conto che la sua forma di preghiera preferita è quella, forse più “inutile”, della lode e del rendimento di grazie: tra i testi di preghiera che egli ci ha lasciato, nei suoi Scritti, sono questi tipi di preghiera ad avere decisamente la maggioranza.

Ma oltre alle espressioni di lode, anche Francesco ha una bella preghiera di domanda: si tratta della Preghiera davanti al crocifisso, così chiamata perché risale ai primissimi anni della conversione di Francesco, quando egli pregava davanti al crocifisso di san Damiano e ne ascoltava il segreto messaggio. Il testo di questa preghiera ci è stato trasmesso anche in volgare, con una forma che si avvicina molto alle parole che dovette dire Francesco stesso: “Altissimo glorioso Dio, illumina le tenebre de lo core mio. Et dame fede dricta, speranza certa e carità perfecta, senno e cognoscemento, Signore, che faccia lo tuo santo e verace comandamento. Amen”.

Come si vede, la preghiera è rivolta all’Altissimo glorioso Dio: si tratta di una invocazione cara a Francesco, come testimonia il Cantico di frate sole, che inizia proprio con le parole “altissimo, onnipotente, bon Signore”. Non è esplicito se si tratti del Padre, come in quasi tutte le preghiere di Francesco, o del Signore Gesù, come farebbe pensare il titolo della preghiera che la situa davanti al Crocifisso: si tratta comunque di una invocazione che si rivolge al Dio alto e glorioso. Possiamo osservare che anche l’immagine del crocifisso di san Damiano rappresenta sì il crocifisso, ma come già risorto e glorioso, con gli occhi ben aperti e con una posizione che non indica sofferenza, ma gloria.

Si tratta di una preghiera di domanda, in cui Francesco chiede al Signore cose sostanziose, che sono sostanzialmente due: da una parte la luce che illumina le tenebre, che possiamo unire al “senno e cognoscemento” del finale, e dall’altra le tre virtù teologali di fede, speranza e carità, che specificano in senso chiaramente cristiano l’altra richiesta.
Si tratta dunque di una preghiera per il discernimento cristiano: ben si situa agli inizi della vicenda di Francesco, quando egli cercava di capire la volontà del Signore, e “nessuno gli mostrava che cosa dovesse fare”, come dice egli stesso nel suo Testamento. Nell’assenza di altre illuminazioni, egli si rivolge alla Fonte di ogni luce, chiedendo “illumina le tenebre dello core mio”: e va notato questo riferimento al cuore, che è inteso, alla maniera della Bibbia, come il centro dell’uomo, sede non solo dei sentimenti, ma anche dell’intelletto e della volontà.

Francesco ha bisogno di luce per capire: forse qualcuno può stupirsi che nell’illetterato Francesco ci sia questo desiderio di capire, espresso anche nella richiesta finale di “senno e cognoscemento”, ma si tratta di una caratteristica che ritorna anche altrove negli scritti del Poverello. Egli certo non manifesta interesse ad accrescere la sua cultura intellettuale, ma manifesta molto interesse a capire quel che da lui vuole il Signore: si tratta di un uso profondamente cristiano dell’intelligenza, del “senno”, che è la sapienza, e anche del “cognoscemento”, che è una forma di attività intellettuale che implica il conoscere, e dunque l’esercizio dell’intelletto.

Francesco vuol capire, non vuole rimanere nell’oscurità delle tenebre dell’ignoranza, e vuole capire per “fare lo tuo santo e verace comandamento”: l’orientamento del capire è rivolto al fare. Il sapere è orientato alla vita, il capire è finalizzato a compiere la volontà di Dio, dopo averla capita, con un caratteristico orientamento dell’attività intellettuale alla vita, che caratterizza tutta la scuola francescana, e che dà sapore di lode alla vita intera, al pensare come all’agire.

Di Cesare Vaiani OFM